mercoledì 24 marzo 2010

La dittatura militare; il potere si conquista dall'alto.

La storia ci insegna che esistono modi diversi di assumere il potere. In uno stato libero moderno, tendenzialmente il potere viene conquistato (o meglio consegnato) tramite sistemi democratici: in Italia ad esempio, per mezzo di elezioni politiche a suffragio universale, vengono eletti gli organi legislativi (il Parlamento Italiano) e, indirettamente, l’esecutivo di governo; è dunque il cittadino che, votando (cioè esprimendo attivamente il suo “potere”) decide di farsi rappresentare dagli organi legislativi ed esecutivi.


Abbiamo visto negli scorsi articoli che il potere può essere “conquistato” e mantenuto anche attraverso altre vie: quando si riesce a manipolare il cittadino, a farlo diventare parte di una massa ideologizzata, esso diviene passivo e perde (in alcuni casi di sua volontà) il potere; è il caso dei regimi totalitari. Il germe dell’autocrazia corrode il sistema dalle basi, riuscendo alla fine a sostituirsi alla democrazia.

Ma cosa succede se la conquista non avviene dalla base ma tramite la forza imposta dall’alto, magari attraverso un colpo di Stato organizzato dagli organi militari che rovescia il precedente regime?

La maggior parte delle volte s’instaura una dittatura militare, in alcuni casi una stratocrazia, ossia una forma di governo nella quale il potere è esclusivamente nelle mani della classe militare, i cui leader occupano tutte le posizioni di governo (lo Stato è l’Esercito).
 A differenza della stratocrazia, una dittatura militare non prevede che il potere politico dell’esercito sia rinforzato o persino supportato dalle leggi; può, tuttavia, essere governata da un collegio di membri dell’esercito (definito in alcuni casi giunta militare) e può far nominare capo di stato il comandante del collegio.

Pur essendo una dittatura imposta dall’alto con la forza, si tende a evitare che la popolazione insorga per mezzo di una rivoluzione, cercando di legittimare la presa del potere, trovando anche qui degli avversari comuni (tipico caso di autoritarismo) rappresentati questa volta dalle ideologie, fondamento invece dello stato totalitario. E curioso osservare come la lotta alle ideologie sia presente anche negli stati moderni democratici, naturalmente intesa come lotta non armata di rifiuto degli estremismi portati dalle ideologie (come ad esempio il rifiuto del comunismo in senso marxista/leninista, della globalizzazione incontrollata, del capitalismo senza freni, dell’estremismo islamico, giusto per citare degli esempi passati e contemporanei).

Lotta alle ideologie che nelle dittature militari si esprime come proclamazione della neutralità rispetto ai partiti che in precedenza erano presenti nel vecchio regime. Lotta che diventa interna, rivolta verso i civili, con la proclamazione della legge marziale.
In questo modo vengono deliberatamente calpestati i diritti civili; non esiste un reale Stato, non esiste una reale politica, una mission comune, non vi sono né ideologie (proprie di un’autocrazia totalitaria), né ideali (propri di una democrazia), ma solo violenza e soprusi verso l’avversario che è il popolo.

È il governo che distrugge lo Stato.

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