giovedì 25 marzo 2010

Birmania, la stratocrazia costituzionale.

Il Gen. Than Shwe, leader della
 giunta Birmana
Il regime presente in Birmania rappresenta una delle più violente ed efferate dittature militari. Il livello organizzativo della giunta militare al comando ha permesso l’esclusione sistematica dei partiti dalla vita politica del paese e, dal 2008, con la creazione da parte dei gerarchi dell’esercito di una pseudo “costituzione”, ha trasformato il regime dittatoriale in una vera e propria stratocrazia.

Membri della giunta Birmana
Creando la costituzione, la giunta militare ha, infatti, affermato il suo potere e si è garantita libertà “legale” d’azione. Tutto è stato studiato a dovere: la giunta militare, che già prima del 2008 aveva per sé, nonostante le elezioni, il 25% dei seggi, ora ha la possibilità di contrastare maggiormente l’azione dei partiti d’opposizione impedendo, di fatto, che essi possano raggiungere il 75% dei seggi indispensabile per cambiare forma al regime Birmano.




Aung San Suu Kyi
Il maggior partito di opposizione alla dittatura, la Lega Nazionale per la democrazia (Nld) del premio nobel per la pace Aung San Suu Kyi, ha visto ora formalmente annullata la vittoria alle elezioni del 1990, dal momento che, secondo fonti vicini al regime, «Il risultato delle elezioni democratiche, tenute in virtù di una legge che è stata eliminata, è automaticamente abolito poiché non in accordo con la Costituzione».
Per di più verrà data la possibilità alla Lnd e ad altri partiti di presentarsi per la registrazione all'ufficio elettorale, in occasione delle elezioni che la giunta dovrebbe indire nel corso del 2010, solo se si escludono dalle liste i membri attualmente in prigione. Ovviamente il bersaglio è la stessa San Suu Kyi, che, perseguitata dal regime, ha passato 15 degli ultimi 21 anni agli arresti domiciliari ma che continua strenuamente la sua battaglia per la democrazia e per i diritti umani in Birmania.

Sono veramente pessimista al riguardo; le elezioni in assenza di un’adeguata rappresentanza politica saranno probabilmente un ulteriore ostacolo nel cammino verso la libertà.
Molti, in una situazione simile, invocherebbero la rivoluzione. È difficile per noi immaginare che nei cuori di coraggiosi come San Suu Kyi ci sia ancora spazio per sentimenti democratici, ma è al tempo stesso una benedizione.

Speriamo che la flebile luce della libertà non venga definitivamente spenta dal regime.

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