giovedì 1 aprile 2010

La democrazia liberale ierocratica tibetana

Come è noto il Tibet non costituisce uno stato autonomo bensì una regione sotto la sovranità della Repubblica Popolare Cinese, che ne invase i territori nel 1950-51.

Nel ’59 Tenzin Gyatso, il quattordicesimo Dalai Lama, ovvero la massima autorità del Buddhismo Tibetano nonché massima autorità temporale del Tibet, fuggì in esilio in India, a causa dell’intromissione politica della Cina e delle violenze e soprusi dell’esercito e del governo cinese nei confronti dei civili e della cultura tibetana.


Attualmente il Dalai Lama è il capo di stato del Governo tibetano in esilio.
 
Il Dalai Lama
Anche se formalmente il governo sopraccitato non costituisce uno stato, né una nazione, poiché sono milioni i civili tibetani rimasti nei loro territori, ma solo un’amministrazione (una sorta di “succursale” dello Stato), ritengo sia un esempio utile per comprendere la definizione di teocrazia e ierocrazia data nel post Ierocrazia e teocrazia: il governo degli uomini e il governo di Dio.

Il Governo tibetano in esilio rappresenta una forma di governo democratica: gli organi amministrativi sono infatti tipicamente democratici e
prevedono la separazione dei poteri.
Una democrazia liberale, dal momento che adotta come testo fondamentale la Carta dei Tibetani in esilio, basata sulla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo.
Poiché che il capo di Stato, il Dalai Lama, è in carica vitalizia ed è, come detto all’inizio anche la massima carica religiosa tibetana, in molti ritengono che il governo rappresenti una forma teocratica.

Personalmente ritengo che l’attuale amministrazione rappresenti una democrazia liberale ierocratica; se è vero infatti che la carica di capo dello Stato è stabilita su base religiosa (il Dalai Lama è riconosciuto tale tramite riti tibetani che si basano sul principio della reincarnazione), e la politica del governo è influenzata dalla filosofia religiosa del buddhismo tibetano (caratteristiche tipiche della teocrazia), è altresì vero che le due principali cariche, ossia la carica di capo dello stato e di capo del governo, sono occupate da due monaci, dunque membri della cosiddetta casta sacerdotale (tipico delle ierocrazie). La carica di capo del governo però avviene tramite elezione, così come la carica di deputato dell’ Assemblea dei Deputati del popolo tibetano che avviene tramite elezione a suffragio universale, come si è soliti fare in una democrazia.

Quello del Governo tibetano in esilio è una forma di diversa da tutte le altre, proprio a causa della figura stessa della casta sacerdotale. I monaci buddhisti tibetani, in particolare il Dalai Lama, sono un punto di riferimento per il popolo tibetano, in quanto rappresentano, tramite la loro saggezza, gli alti ideali di pace e libertà insiti nella fede buddhista. Sono una guida e, nel caso delle più alte figure del Buddhismo tibetano, sono ritenuti sacri e dunque venerati.

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