giovedì 1 aprile 2010

Il Dalai Lama; per la Cina è un nemico dalla testa di serpente

Come spiegavo alla fine del precedente articolo (La democrazia liberale ierocratica tibetana), il Dalai Lama è una figura sacra per il popolo tibetano; questo essere punto di riferimento ha fatto di lui un nemico del governo cinese, sempre pronto a contrastare qualunque persona possa essere ritenuta un simbolo per il popolo. Molto probabilmente il governo di Pechino vede nel rispetto e nella devozione verso Tenzin Gyatso, premio nobel per la pace del 1989, un grande pericolo, qualcosa che potrebbe far vacillare la fede verso lo Stato, le istituzioni e la cultura (ideologizzata) cinese.

Per questo, dall’invasione del territorio tibetano avvenuta nel 1950-51, è iniziata da parte della Cina, una vera e propria politica di terrore, di violenza e intolleranza attuata tramite l’esercito cinese, che ha portato a quello che lo stesso Dalai Lama definisce “genocidio culturale”.

La situazione si complica ulteriormente se a questo aggiungiamo un altro “pericolo” per il governo cinese, ossia la politica estera dell’amministrazione tibetana in esilio. Proprio per la sua doppia funzione, perché capo di Stato e capo religioso, il Dalai Lama è dunque un “doppio pericolo”, culturale e politico. Un avversario da screditare e da eliminare dalla scena politica internazionale.




Il Dalai Lama in visita a Montecitorio
 incontra il presidente della Camera
Gianfranco Fini
Se fino a poco tempo fa la strada perseguita dal regime cinese sembrava cogliere i suoi frutti, ora la situazione sembra in parte cambiata: dall’Italia agli Stati Uniti, sono numerosi i paesi che hanno ospitato nei mesi scorsi il Dalai Lama, mostrando sensibilità alla questione tibetana, in barba all’ostruzionismo cinese e alle minacce di “incidenti diplomatici”da parte dei più alti rappresentanti del regime. C’è ancora tanta strada da fare per veder riconosciuti al popolo tibetano i diritti di libertà e indipendenza (o perlomeno autonomia), soprattutto in quei paesi, come ad esempio gli Stati Uniti, che, a causa dei forti interessi economici e strategici, fanno fatica a trovare una posizione decisa nei confronti del regime cinese.


Il fatto che, però, ci sia un aumento della sensibilità verso il popolo tibetano e una riscoperta della cultura del Tibet anche da parte popolo cinese, è senza dubbio qualcosa di positivo.

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