Per questo, dall’invasione del territorio tibetano avvenuta nel 1950-51, è iniziata da parte della Cina, una vera e propria politica di terrore, di violenza e intolleranza attuata tramite l’esercito cinese, che ha portato a quello che lo stesso Dalai Lama definisce “genocidio culturale”.
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Il Dalai Lama in visita a Montecitorio incontra il presidente della Camera Gianfranco Fini |
Se fino a poco tempo fa la strada perseguita dal regime cinese sembrava cogliere i suoi frutti, ora la situazione sembra in parte cambiata: dall’Italia agli Stati Uniti, sono numerosi i paesi che hanno ospitato nei mesi scorsi il Dalai Lama, mostrando sensibilità alla questione tibetana, in barba all’ostruzionismo cinese e alle minacce di “incidenti diplomatici”da parte dei più alti rappresentanti del regime. C’è ancora tanta strada da fare per veder riconosciuti al popolo tibetano i diritti di libertà e indipendenza (o perlomeno autonomia), soprattutto in quei paesi, come ad esempio gli Stati Uniti, che, a causa dei forti interessi economici e strategici, fanno fatica a trovare una posizione decisa nei confronti del regime cinese.
Il fatto che, però, ci sia un aumento della sensibilità verso il popolo tibetano e una riscoperta della cultura del Tibet anche da parte popolo cinese, è senza dubbio qualcosa di positivo.
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